martedì 31 agosto 2010

corro

corro.
è quello che riesco a fare.
lo faccio senza pensare.
corro.
senza fiato. senza anima.
solo pulsioni.

martedì 27 aprile 2010

Nel bosco

Nel bosco ogni canto si è placato. Ogni rumore. Solo il suono del silenzio genera onde. Immote.
Nel bosco ogni parola che esce cade a terra sfinita. Ogni alito di vento entra, schiva le fronde e muore.
Nel bosco ogni spazio, ogni tempo pulsa di sacralità.
Nel bosco solo un uomo. Solo.
Solo con la sua corsa.
Nel bosco la liturgia è celebrata dal balzo regolare delle sue falcate.
Che non produce suoni, ma solo saette zigzaganti.
I fiori piangono la sua solitudine.

mercoledì 21 aprile 2010

(…) Allora, non so per quale ragione, c’è qualcosa che si è spezzato in me. Mi sono messo a urlare con tutta la mia forza e l’ho insultato e gli ho detto di non pregare che è meglio ardere che scomparire. (…) Aveva l’aria così sicura, vero? Eppure nessuna delle sue certezze valeva un capello di donna. Non era nemmeno sicuro di essere in vita dato che viveva come un morto. Io ero sicuro di me, sicuro di tutto, più sicuro di lui, sicuro della mia vita e di questa morte che stava per venire. Sì, non avevo che questo. Ma perlomeno avevo in mano questa verità così come essa aveva in mano me. Avevo avuto ragione, avevo ancora ragione, avevo sempre ragione. Avevo vissuto in questo modo e avrei potuto vivere in quell’altro. (…) E poi? Era come se avessi atteso sempre quel minuto…e quell’alba in cui sarei stato giustiziato. Nulla, nulla aveva importanza e sapevo bene il perché. Anche lui sapeva perché. Dal fondo del mio avvenire, durante tutta questa vita assurda che avevo vissuta, un soffio oscuro risaliva verso di me attraverso annate che non erano ancora venute e quel soffio uguagliava, al suo passaggio, ogni cosa che mi fosse stata proposta allora nelle annate non meno irreali che stavo vivendo. Cosa mi importavano la morte degli altri, l’amore di una madre, cosa mi importavano il suo Dio, le vite che ognuno si sceglie, i destini che un uomo si elegge, quando un solo destino doveva eleggere me e con me miliardi di privilegiati che, come lui, si dicevano miei fratelli? Capiva, capiva dunque? Tutti sono privilegiati. Non ci sono che privilegiati, Anche gli altri saranno condannati un giorno. Anche lui sarà condannato. Che importa se un uomo accusato di assassinio è condannato a morte per non aver pianto ai funerali di sua madre? 
                                                                                          da "LO STRANIERO" di A. Camus

giovedì 18 marzo 2010

la Stupidità..questa nostra intima amica...

Potenza celeste che ti nascondi nelle pieghe
dell’encefalo,
dote senza fondo elargita al genere umano
in saecula saeculorum,
tu sei innumere come la via lattea
e molteplice come l’erba.
Potente gemella dell’intelligenza,
mano nella mano
celebri con essa una triste tiritera.
Sì, è forte, come tu ci ispiri in sempre
nuove guise,
come scemenza femminile e come idiozia
maschile,
come sprrizzi dagli occhi iniettati di sangue
del picchiatore
e muovi passetti con aristocratica boria
tossicchiante,
come ci fiati addosso con l’alito cattivo
di una musa sbronza
e come polisillabo delirare nel seminario
filosofico.
Cosa sarebbe l’uomo d’azione senza di te,
stupidità granitica, totale e idiota,
che corri ardente per le sue vene come una
overdose di amfetamina,
e cosa il ricercatore senza l’idea fissa che
insegue
per i bianchi corridoi del suo istituto come
la pantegana nel labirinto?
Senza contare la storia universale: di chi
mai si ricorderebbe,
se non dei vincitori, nella sua ottusità
napoleonica?
Sicché a noi sarà trasmesso lo stolido
orgoglio del vincitore
e il rancore sordo del perdente, solo di
quando in quando addolcito
dallo sproloquio ispirato dei sacerdoti
delle sette,dei comici e dei bevitori coatti. 
Stupidità, tu spesso diffamata, che nella tua
scaltrezza ti fingi più stupida di quello che sei,
protettrice di tutti i menomati,
solo agli eletti concedi il tuo dono più raro,
la benedetta semplicioneria dei sempliciotti.
Essi sono le pagine bianche nel tuo grande
libro che a nessuno di noi tu dissigilli.
  
Hans Magnus Enzesberger “Inno alla stupidità”

mercoledì 17 marzo 2010

ode agli odori

Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell'epoca non povera di geniali e scellerate figure. .... Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, Saint-just, Fouché, Bonaparte ecc., oggi è caduto nell'oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori.
Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone; le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell'umido dei piumini e dell'odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo di solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali.
Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c'era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. li contadino puzzava come il prete, l'apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d'estate sia d'inverno. Infatti nel diciottesimo secolo non era stato ancora posto alcun limite all'azione disgregante dei batteri, e così non v'era attività umana, sia costruttiva sia distruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo.....
Patrick Süskind IL PROFUMO (1985)

venerdì 26 febbraio 2010

Raramuri

Nella Sierra Madre la vita dei Tarahumara è nelle grotte. Pablo questo lo sa e quando è fuori, nella steppa inospitale, dove l’aria soffia ghiacciata, chissà perché se ne ricorda. Bene.
Pablo corre. Non fa altro. È un Raramuri fra i più veloci. E fra i più giovani. Pablo è un piede leggero. Porta parole con sé, di villaggio in villaggio. Parole leggere e pesanti. Alcune divertenti. Altre tristi. Che fanno piangere. Tante parole. Chissà come fa a ricordarle.
Non è Pablo che corre, coi suoi sandali di gomma. Sono le sue parole che volano.
Il suo respiro è affannoso e sa di geranio selvatico. Se riesci a raggiungerlo sentirai il suo odore.
Ma forse raggiungerai prima il suono delle sue parole, traccia fatua che riposa a pochi centimetri dalla terra, ogni volta che Pablo smette di parlare.