mercoledì 24 dicembre 2008

malachite


Macino chilometri, assaggio polveri grigie e nere, soffio su erba e fiori, le piego in due e le metto in tasca, fermandomi non procedo.
Il sudore allora inizia a scendere copioso e le montagne si inchinano al sole, che batte i suoi raggi feroci sulla schiena che riposa, rivolta a settentrione.
I muscoli si sgonfiano, raccontano di fatica e caldo e tensione. Le spalle toccano la terra.
Solo. Con la sua fatica attorno al collo. Come una collana di malachite, verde e pesante.

lunedì 22 dicembre 2008

che cosa c'è



Infine, difficilmente, quando ti allacci le scarpe, sei completamente consapevole che sia la cosa giusta, quella da fare, prepararti a correre, sfidare il vento e il vuoto che ti gira intorno...per cercare il mondo che batte fuori. In sincrono con quello che si muove dentro.
Semplicmente lo fai, e questo basta a mettere sotto una nuova luce il giorno che ti scorre addosso, ancora una volta scegliere di sentirne il profumo e l'olezzo, di scorgerne la luce e le ombre, di mangiare la sua dolce tristezza.
Quando corri la pancia ti si riempe.

venerdì 19 dicembre 2008

I.U.T.A.MAN REPRESENTANT

E' con grande emozione che vi informo di essere stato ufficialmente nominato "Promoter I.U.T.A." (Italian Ultramarathon and Trail Association)" per la regione Umbria per il quadriennio 2009 - 2012.
Ringrazio mamma e papà che mi hanno fatto studiare per ottenere questo importantissimo riconoscimento, facendo mille sacrifici e vivendo una vita di privazioni solo ed esclusivamente per poter raggiungere questo incredibile traguardo. Ringrazio, inoltre, mia sorella che non mi ha mai denunciato per tutte le botte che le ho dato da piccola e mia figlia che in questi ultimi anni è riuscita, grazie ad un incredibile sforzo ed un amore immenso per suo padre, a non chiamare mai il telefono azzurro. Ultimi, ma non per importanza, vorrei ringraziare tutti voi, amici del cuore e della corsa, che mi avete assistito nelle mie gare cercando di convincermi che era una cosa buona e giusta correre per km e km senza capirne, voi per primi, la ragione. Comunque grazie, perché senza di voi oggi sarei soltanto un comune podista come tanti ed invece ... ed invece ... vabbè ... grazie, grazie, grazie!
Ovviamente non mi aspetterò da parte vostra facili battute come ad es. "toh, un podista di I.U.T.A., praticamente "una balla" (riferendosi al tipico tessuto per fare i sacchi ...).
Il vostro incommensurabilmente amico Popof!!!

giovedì 18 dicembre 2008

Chiude, riapre, dice...


rivedo tetri riverberi di angoscianti post nelle quali il buio è totale, la luna è fuggita e le stelle interrompono il loro flusso luminoso e il silenzio abbraccia ogni cosa, in una stretta vitale.

mercoledì 17 dicembre 2008

BUON COMPLEAPO

Sempre attento, mai maldestro
certamente fra i più buoni
per i bimbi è un gran maestro
Apo Davide Apolloni.
Nella corsa è come il vento
viaggia rapido e leggero
di se stesso mai contento
senza un risultato vero.
Se lo cerchi è onnipresente
e ti dona anima e cuore
sol se sa minimamente
di poter fare un favore.
E fra i tanti, presuntuoso,
non lo nego e qui lo dico
io son fiero ed orgoglioso
d'esser un di lui amico.
Con affetto. Popoeta

lunedì 15 dicembre 2008

Una parabola al giorno ... riporta il Blog intorno!

Le nostre preghiere sono state ascoltate e finalmente è tornato l'amato Blog dell'Avis Perugia.
Da venerdi' 5 dicembre u.s., sera in cui si è svolta la classica cena Avisina di fine anno, ogni giorno al percorso verde è stata letta la Parabola di Enrico di Nazareth e con nostra grande gioia PerugiaCheCorre, ex Perugia Running Blog, è nuovamente con noi.
A grande richiesta, pubblichiamo la parabola in oggetto (sperando che venga accolta con il giusto spirito e che nessuno se n'abbia a male).
Dal Vangelo "Secondo GIGLIETTI” … (non me ne voglia Danilo)
In quel tempo il profeta Martinetti ed il fido discepolo Fra Pierluigi vagavano per strade e piazze per predicare il sacro verbo Cidippino, (distribuendo, già che c’erano, anche qualche volantino della “Gara di Bagnaia … )
Un giorno, rivolgendosi alla folla il Profeta disse: “giudei, farisei, filistei … Pompei, qui le cose debbono cambiare. Se per più di trent’anni avete seguito la strada sbagliata (probabilmente per colpa delle solite frecce messe a caso sul catrame) dovete finalmente cambiare, cambiare la vostra religione, cambiare la vostra vita, ma soprattutto cambiare la Società … quella in cui vivete, voglio dire , non mi fraintendete ... baci baci baci a tutti (e non so se mi spiego …)
Subito le folle l’acclamarono (in particolar modo quando seppero che la divisa era gratis) e già cominciavano a diffondersi voci di strani tumulti contro uno dei Pompei, Enrico di Nazareth, noto radunatore di folle domenicali sotto la bandiera della religione Avisiana, più volte accusato di sfamare i poveri (diventati tali a causa delle quote societarie troppo alte) con miseri pacchi gara, contenenti fra l’altro i biscotti quasi scaduti di Piselli, nonché coinvolto in altre storie legate ad Alimenti, nel senso di cibo e senza alcun riferimento al discepolo Santo Stefano.
Già al tempo dell’istruzione aveva attirato su di se le antipatie degl’insegnanti, come in occasione del primo giorno di scuola in cui il professore di musica Apollonio Romanorum entrando in aula disse: Buongiorno, io sono il maestro. Ed Enrico disse: anch’io. Ed Apollonio: Bene, tu che fai lo spiritoso, vai subito alla lavagna!
Molti suoi nemici lo sbeffeggiavano perché sosteneva di essere il Figlio del Padre, e gli dicevano “Magari sei anche il fratello della sorella”, ironizzando sul fatto che si faceva stirare le camicie, rimproverandogli inoltre di essere un bestemmiatore (si vantava di maratone corse sotto le 2 ore e 30), di essere un adescatore di ingenue giovani religiose con la falsa promessa di farle diventare campionesse e di essere frequentatore, senza alcun diritto, di alcuni sacri templi, fra cui uno in particolare dedicato ad una presunta collega, Santa Giuliana.
Ma la colpa più grave che gli veniva addossata non era quella di manifestare il suo credo contro le altre religioni, fra cui la Cidippina, l’Aspiana, la Policiana, la Capanniana, di fare la moltiplicazione dei prosciutti nel frigorifero di Santa Sabina (altra sua presunta collega nota nell’ambiente per puri motivi conviviali) di mettere nei pacchi gara del 45 d.E. (l’anno 45 dopo Enrico) magliette della Gerusalemmarathon del 40 d.E. (cioè vecchie di almeno 5 anni), no, non erano queste le accuse che più gli venivano rivolte. Quello che gli veniva maggiormente contestato è che tutto questo lo faceva solo con i maschi. Questo creò non poco scompiglio nell’ambiente e subito cominciarono a nascere gelosie ed invidie, sommosse di popolo maschile ed anche di quello femminile (ovviamente quelle racchie mai cagate di striscio) e ci fu anche chi cominciò a parlare di miracoli. Infatti si vociferava che qualcuna gliel’avesse anche data!!! Nonché del fatto che chiedesse sangue ai suoi adepti, come predicava la religione Avisiana, non per scopi umanitari, ma per trasformarlo in vino e metterlo fra i premi dell’Alir.
E fu proprio a causa di una delle giovani ch’egli voleva convertire alla sua religione, tal Santa Sabina Marchili, che Enrico di Nazareth si scontrò con il di lei procuratore romano Ponzio Pelato Mencaronio.
I due, a volte amici, a volte nemici, organizzavano a turno delle manifestazioni religiose in terra santa e fu proprio in occasione di una di esse che Ponzio Mencaronio cercò e trovò la sua vendetta.
Infatti, allorquando Enrico stava organizzando la Stra-Tiberiade, dal nome del famoso lago intorno al quale la stessa si svolgeva, Ponzio Mencaronio, cercò di mettersi in contatto con i di lui più fedeli discepoli, uomini che, dopo aver vissuto una vita da duri e spietati, erano diventati docili pecorelle grazie all’incontro con Enrico. Essi erano: Galmaccio da Casenove, un uomo dal cuore di pietra (anzi, di marmo), Sportoletto d’la Magione, un uomo fuori dal comune (solo quand’era in ferie) ed Ignazio da Pronto Green, un uomo freddo, freddissimo (praticamente surgelato). Per cercare di boicottare la manifestazione Ponzio Mencaronio offrì a ciascuno di essi 30 kipfen tonno e carciofino (fatti freschi la mattina stessa, eh, mica scaduti come i suddetti biscotti che regalava subdolamente da falso amico ad Enrico) ed i tre cedettero alla tentazione.
Già in passato Ponzio Mencaronio aveva fatto squalificare l’Avisiano durante una delle scorse edizioni della gara intorno al lago, dicendo che lo aveva visto tagliare (in virtù delle sue ben note capacità miracolose).
E fu così che quando il Maestro chiese il suo aiuto per organizzare nuovamente la manifestazione, ben sapendo che nessuno dei suoi discepoli l’avrebbe poi aiutato, egli se ne lavò le mani. Da quel giorno in avanti non si chiamò più Ponzio Pelato ma si chiamò … Ponzio Pulito!
Enrico allora, avendo capito cosa stava succedendo, andò a parlare con i suoi discepoli e disse: Fratelli, oggi qualcuno di voi mi tradirà. Danilo disse a Secondo: “Oh, quando qualcosa va storto la piglia sempre con noi due!!!”
Enrico si rivolse quindi al suo più fedele discepolo, Galmaccio da Casenove e gli disse: Tu sai chi mi tradirà, vero? Forza canta!!!
E lui rispose cantando: MITZUNO, TI GIURO MITZUNO NEMMENO PETROZZINO … (noto procuratore perugino chiamato appositamente per risolvere il caso della Stra-Tiberiade).
Da quelle parole, segno anche di un certo squilibrio mentale dei suoi discepoli, Enrico capì che era rimasto solo e che il suo destino era ormai segnato. E fu così che, non essendo più in grado di portare a termine quanto aveva iniziato, all’ultimo momento decise di rinunciare alla manifestazione lacustre.
Ciò scatenò l’ira della folla (soprattutto di quelli che avevano già pagato l’iscrizione) e dalla moltitudine delle genti accorse da ogni dove si levò un forte grido: “CROCILLIFIGGIAMOLO, CROCILLIFIGGIAMOLO” (che equivaleva a dire: “legatelo e fategli mangiare solo insalata”). Uno dei più accalorati era proprio Santo Stefano Alimenti, memore di numerosi incontri conviviali in cui aveva ospitato l’apostolo Leonardo, noto digiunatore, ma solo quando il pranzo non era gratis.
Venne allora chiamato in causa il giudice Tomassonio il quale disse: siate Bonini, su, vi prego, siate Bonini (e dalla folla qualcuno disse: “si, così col cavolo che faccio la maratona sotto le tre ore) … E Tomassonio proseguì dicendo: Io non posso essere arbitro in questa vicenda … oggi c’ho ‘na mezza a Trevi!!! Provate a riparlare con Ponzio Pulito Mencaronio. Di lui la gente … si FIDAL!!! Ah ah ah . .. Ma nessuno rise!
E proseguì: “Magari deciderà di far COCILLIFIGGERE Paolo il Predicatore”. Un attimo di silenzio e terrore s’impossessò della piazza ed un brivido percorse la schiena delle genti.
Ponzio Pulito Mencaronio, invece, gonfio d’ira, come se non bastasse quanto aveva già fatto contro il Figlio del Padre (forse è un po’ vago, diciamo Enrico), si rivolse alla folla. Quindi, indicò con l’indice della mano destra il predicatore menzionato dal giudice, anch’egli in attesa di giudizio, tale Paolo Barabba Carloni, noto accusatore di Enrico in relazione alla moltiplicazione dei prosciutti nel frigo di Santa Sabina, e prendendo come al solito il microfono disse: “A voi la scelta!!! Chi volete libero Enrico o Paolo? Enrico o Paolo? Enrico o Paolo? Enrico o Paolo? … (e così via, finché qualcuno non gli tolse il microfono dalle mani …)
Tutti gridarono a gran voce: “Paolo, Paolo, per carità, Paolo” … e sottovoce … “altrimenti s’incazza”. Anche perché sembra che il Carloni fosse gran Maestro della setta Lino Spagnoli, nella quale, a chi non rispettava certe regole veniva prima torto il naso, poi torto un orecchio ed infine torto un braccio. Non a caso il più fedele dei suoi seguaci era “Torto – ioli”.
Quindi presero Enrico e lo legarono alla sbarra del Gerusalemm - Green Park, appoggiandogli sul capo una cuffietta della Lino Spagnoli (così, tanto per arruffianarsi ancora un po’ Carloni e tenerlo tranquillo) con la scritta ENRI, che all’apparenza poteva sembrare il diminutivo affettuoso di Enrico, ma che invece significava (Enrico di Nazareth Re degl’Imbroglioni), riferendosi ai pacchi gara, ai prosciutti, ai biscotti quasi scaduti, ai mariti e fidanzati cornificati (evidentemente qualcuno ai miracoli ci credeva!), etc.
Un discepolo della Lino Spagnoli prese una spugna, riciclata dalla maratona di Galilea, imbevuta di Polase sport scaduto e l'avvicinò alla bocca di Enrico, il quale disse: “No, No No … E subito dopo: “Non lo sprecate che posso utilizzarlo nella prossima manifestazione!” Dalla folla partì una lancia … ma non una lancia di legno. Era proprio una Lancia “Y”. Era Carloni che, essendo stato liberato ed avendo sentito le ultime parole proferite da Enrico, se ne stava andando dicendo: “Sarà meglio che vado via altrimenti je metto le mani addosso e me ringabbiano n’altra volta”.
Una giovane donna, impietosita dalle condizioni di Enrico, si avvicinò alla sbarra per tergergli il sudore, ma non avendo neanche un fazzoletto si tolse la maglietta per utilizzarla allo scopo, rimanendo solo con il reggiseno. Tutti esclamarono: E la Madooonna. Enrico si girò di scatto e disse: MAMMA!!!
Ma non era la Madonna, quella vera. Era Suor Michela Bellucci, della confraternita delle Carmelitane Scalze (così chiamate da quando, dopo la marcia della Pace, avevano iniziato a fare la frazione di nuoto nel Duathlon di Betlemme). Enrico, a quella visione celestiale e colpito profondamente da quei “due grandi occhi”, miracolosamente (non a caso) si rianimò, si liberò dalle corde che lo tenevano legato e con un balzo scese dalla sbarra, iniziando a correre all’impazzata.
E corse, corse, corse, nei secoli dei secoli, fino ai giorni nostri (tanto moriva e resuscitava). Fece a ripetizione gli 800, i 1500, i 5000, i 10000, le mezze maratone, le maratone, le ultra… … no, quello era Fra Popof, le campestri, etc. continuando negli anni, come sempre, a moltiplicare i prosciutti nel frigo di Santa Sabina, risparmiando nei pacchi gara, regalando le magliette vecchie e soprattutto continuando nella sua opera di preghiera, rivolta non al cielo, ma come al solito verso le giovani donne.
Ma alla fine … Enrico a noi piace così ed in fondo è proprio per questo che tutti gli vogliamo bene e che gli saremo sempre devoti e fedeli, certi che mai e poi mai alcuno di noi deciderà di cambiare religione.
C’è solo una cosa che ci rammarica a causa sua.
Ci ha tolto un’illusione, confermandoci nel corso di questi secoli che i miracoli purtroppo non esistono, perché, nonostante tutte le sue preghiere … nessuna delle discepole gliel’ha mai data!


E’ Parola di Popof.

venerdì 12 dicembre 2008

rivedo tetri riverberi di angoscianti notti nelle quali il buio è totale, la luna è fuggita e le stelle interrompono il loro flusso luminoso e il silenzio abbraccia ogni cosa, in una stretta vitale.
in quelle notti le strade si srotolano nere e la via è segnata unicamente dall'istinto, dal fiato corto e dal sudore, mentre le scarpe emettono suoni ovattati, che frusciano tra i rami degli alberi che accompagnano, fermi, il corridore cieco.
non ha bisogno di luce, non vuole rumori, il corridore è cieco e il silenzio è il suo occhio.

martedì 9 dicembre 2008

tempo fa conobbi una persona, che da lì a poco avrebbe calzato in maniera perfetta le scarpe di un amico.
grigie. coi lacci logori.
massimo sedeva un po' riverso su se stesso, per una forma di consapevole timidezza, le braccia nude appoggiate sulle cosce tornite, le mani che chiudevano in una presa stretta le ginocchia e lo sguardo che curiosava intorno, alla ricerca di un cielo nuovo, in un mondo che aveva conosciuto nella sua prima giovinezza. correre alla ricerca di un traguardo.
e che ora riscopriva. chissà con quale sapore stantio in bocca.
indossava una canotta di flanella, bianca di colore, grigia di memoria, di tessuto invecchiato, e lo faceva bene, non so se per un gusto antesignano per il vintage o perchè i suoi cassetti non avevano trovato di meglio da offrire per il suo rentrée nel circo barnum delle gare podistiche paesane.
di questo mi ricordo della prima volta che incontravo per la mia strada, la strada della corsa, massimo albertini.
e questo mi colpiva di lui, la sua canotta anniottanta, che per un tempo indefinito ed interminabile si tesseva nei miei occhi, e della quale ancora conservo perfetta memoria, finchè la mia curiosità per il suo modo di porsi, seduto su quel muretto di cemento grigio in un atteggiamento di riposo che mal si addiceva alla prossima venuta dello sparo polveroso per la partenza della gara, fu interrotta bruscamente e piacevolmente dalla sua stretta di mano calorosa e potente, quella del compagno improvvisato in una staffetta perlomeno sgangherata...
massimo, leonardo, piacere...
gli passai il testimone e lui partì leggero e maestoso e dopo l'ultima curva piombò sul traguardo, trafelato, per l'impegno travasato a damigiane sulla corsa di squadra, con la sua canotta bianco/grigia completamente appiccicata al torace, madida di sudore.
massimo, sono leonardo, ti ricordi ancora di me?