mercoledì 30 dicembre 2009

in-correre

in-correre, in disperate occasioni di incontro... inattese...

in quanto ad emozioni, ogni brivido è cessato, come il tempo intorno a me...

lo vedi?

venerdì 18 dicembre 2009

dove?

... e quando ti siedi a pensare, è proprio in quel momento che la roccia irregolare si stacca dalla parete e corre verso di te, in modo sconnesso, ma precisamente, per travolgerti...
... è inutile che cerchi una via per annusare l'odore della salvezza, vedrai che anche se l'istante che ha preceduto la corsa della pietra, intorno si ergeva solo spazio infinito e aperto, ora, davanti a te, a destra, a sinistra, solo vicoli ciechi, orbi, sordi, zoppi e insensibili rideranno di te...

giovedì 10 dicembre 2009

con la luna

Quella notte il piccolo corridore, che era piccolo piccolo (e non solo di statura), non fosse stato per le scarpe che lo tiravano su di morale e di statura, scompariva all’ombra buia degli alberi scheletrici e ghiacciati, mentre da nord un esercito silenzioso e minaccioso di nuvole nere e gonfie s’apprestava ad attaccarlo frontalmente. Macchè ritirarsi, non ci pensava neanche di fuggire dalla sua sorte, tutto pareva segnato, come su di un foglio bianco riempito da sgargianti linee colorate rosse blu e verdi, e neanche la visione della morte, con la sua classica falce arrotata e col manico di legno scuro pareva smuovere quel malcapitato dal suo intento suicida.
C’era la luna dietro di lui, che accompagnava ogni suo passo col suo moto circolare. E con la luna, tutto può farsi. Può nascere anche una nuova vita.

sabato 28 novembre 2009

la peste, se è il mezzo

è dolce il sapore della peste, soavi le scosse e i tremiti della febbre, conturbante l'invito a seguire Madre Morte, fino in fondo alla sua Cavità, dove facce terribili in sofferenza emergono dai rilievi di cemento e urlano il loro dolore. è amabile e leggero il tocco della peste, assassina, quando la strada che segna di sangue conduce all'estrema fine, dove, in fondo, la cavità fa sorgere la Luce... inondante di forza, colori e respiri accennati... e un volto e i suoi occhi e la lingua che li fa parlare sono lì per regalarti l'ospitalità eterna.

venerdì 27 novembre 2009

doccia fredda

Come dire...ogni volta ne capita una.
Anche ieri intonro alle 15.30 l'acqua delle docce era gelata.
Qualcuno può spiegarmi il perchè? Ma la caldaia non era stata cambiata?
Mi è giunta voce della presenza di un termoregolatore presente nello spogliatoio maschile,
in grado di regolare la temperatura dell'acqua.
LASCIATELO A TEMPERATURA PER FAVORE!!!!!!
PER COSì CONCEDERE A TUTTI, AD OGNI ORA, UNA BELLA DOCCIA CALDA.

Grazie:)

domenica 15 novembre 2009

sperare nella discesa

Un dolore sempiterno, la lama di un grido soffocato ma composto in eco allucinanti. Sulla sommità di quella collina le tenebre brillavano a bagliori, gettando sul luogo scampoli di buio e frecce di luce acuminate.

Il respiro corto premeva sul petto in una morsa che somigliava al respiro della morte. Solo la lingua, umida, dava al luogo un anelito di vita. solo quella. Lo scivolo lucido e rosso di parole soffocate. Il posto per lo stupore grigio di un traguardo sopraggiunto ma perennemente inaspettato, poiché mai simile al disegno vagheggiato.
Non restava che arretrare, di fronte alla carezza ruvida di una riva inospitale. Arretrare e sperare nella discesa.

sabato 7 novembre 2009

chiusa, a uovo, nuda

è la corsa che ti consente di vedere dentro te stesso, di leggere le storie che ti hanno percorso e percosso, di interpretarle.
quando ti giri, la vedi. la tua anima. che corre insieme a te. pensavi di averla dimenticata? rannicchiata, chiusa a uovo, nuda. ti sorride. particolarmente, se trabocchi di tristezza. non parla. no, non ne ha bisogno. dalla sua bocca aperta non escono suoni, né verdetti. non sentenzia.
no, non è così. non ne ha bisogno.
le sue viscere sono filamenti di cura, vitalizzanti. estremi.
i suoi muscoli sono la perseveranza e volontà.
i suoi piedi l'amicizia. estesa. eterna.
la tua anima è veloce. non fatica, la tua anima.
alla fine, allunga il passo e ti precede.
quando arrivi sta seduta. ride. è felice.

lunedì 19 ottobre 2009

giovedì 15 ottobre 2009

liquame

è grondante di sudore, appiccica, lo sguardo trafelato indugia spasmodico alla ricerca di ossigeno... ma solo liquame, liquame solido e magmatico, che blocca gli ingranaggi del tempo, che si ferma anche lui, stanco di correre, per un momento si vuole riposare, gettandoci la faccia dentro...

domenica 11 ottobre 2009

venerdì 9 ottobre 2009

panoramica prima e dopo - la trasformazione


ritrovandosi lì, tutto sembrava avere un senso. la logica fluiva lentamente, ma pareva scorrere nel letto secco di un fiume dritto, strano a immaginarsi, tanto era chiara. quasi lampante. ma non accecante.
la sua immagine era contorta, nessuno specchio riusciva a rifletterla senza imperfezioni. ma, guarda, che strano, lui continuava a reputarsi perfetto. che pretesa!
i suoi pantaloncini, la sua maglietta colorata, le sue scarpe gialle. la musica batteva le orecchie. ma solo lui la sentiva.
tutto era logico. logicamente sconquassato.
quando decise che era ora di cominciare a muovere i passi, si accorse di essere in mezzo al traffico, roboante, assordante, colorata dodecafonia di clacson impazziti e neve di smog....

panoramica prima e dopo - Running - Everytrail

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mercoledì 7 ottobre 2009

corri dietro

corri dietro, ma non indietro, a ritroso il mondo si avvolge e non si capovolge, l'uomo curvo sulla sua pancia ascolta il battito delle viscere, ma viene capovolto dal peso della sua testa, che lo ribalta nelle pieghe della terra smossa, finchè riesce a colorarsi del blu del cielo, è in un mare di fango puzzolente, ma d'incanto il blu lo affoga.

martedì 6 ottobre 2009

cose di corsa

di corsa puoi vedere, guardare no, vedere, ce n'è di differenza, ce ne corre, appunto; di corsa puoi, anzi devi, ascoltare. e non sentire, memorizzare e parlare, o viceversa, se credi, anche quando sei da solo; di corsa puoi assaggiare il sapore delle cose e delle forme che ti investono e che ti entrano dentro, la vita, i fatti, le persone. tutto è più nitido. ma solo se lo vuoi. non forzare.
queste sono tutte cose che avvengono quando sei di corsa. naturalmente.
e che smettono di essere quando ti fermi, quando SEI fermo.
quando sei fermo aspetti. guardi, e senti, la vita scorre davanti senza essere presa. anche qui, solo se lo vuoi. ti guardi intorno, smarrito.
quando sei fermo aspetti. di ripartire.

domenica 4 ottobre 2009

ti butti giù, a rotta di collo in salita

Io lo credo, ne sono consapevole, ci giurerei che stava venendo giù a rotta di collo, per frantumarsi alla fine della salita, per penetrare il vento, per saltare tra un sasso e l'altro, sperando sempre nella forza rapitrice delle ali di un uccello maestoso... che ne avesse cura...

Garmin Connect - Dettagli attivit� per Via Settembrini - Trinit�

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venerdì 2 ottobre 2009

non girarti

Non girarti. Non lo fare. Tanto qualcuno che ti corre dietro c'è sempre. Spesso è la stessa persona, quella che decide di correre calpestando le tue orme, vivendo dentro il rilievo delle tue impronte. Quella che guarda sempre in terra, per paura di perdere le tue tracce.
Anche quando svolti. E pensi sia scomparsa.
E' sempre dietro di te, ma non la confondere con la tua ombra. Non è la tua ombra. E' invece una presenza dai tratti materiali, riesci a sopportarla?
Non è pesante. Neanche leggera comunque.
Ma ti segue sempre. Allora non girarti, ma guardala intensamente. E' parte di te.
E corre con te.

giovedì 1 ottobre 2009

giorni putrefatti, al solito

Lasci pezzi di caviglia in quel maledetto marciapiede,un urlo soffocato, una bestemmia impacchettata e spedita al mondo e al suo timoniere, aspetti che torni a posto, zoppichi, il sudore cola in terra lasciando tracce del tuo indegno passaggio, affanculo al tragico e puzzone destino, riprendi a correre, più forte di prima, incroci sguardi che riconosci anche se non conosci e ti precipiti alla fine del percorso, mettendo finalmente in tasca un nuovo giorno, che rischierà di imputridirsi (al solito), lì al chiuso dei tuoi pantaloni borghesi.


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mercoledì 30 settembre 2009

se si è stanchi

Nei piedi ci cadeva lo sguardo, emettendo un suono sordo e ignoto. Nascoste nell'erba, le dita cercavano ossigeno ed acqua, rugiada umida. Sollievo alla fatica.
In un angolo della terra arida, giacevano le scarpe, distrutte, lorde di sangue, sversate, soprattutto inutili.
Sedeva sulla pietra, il corridore, consapevole che da lì non si sarebbe più mosso, perchè tenero era il manto della polvere, rassicurante la sua leggerezza, immoto il vento. Silenzioso il mondo che giaceva nell'alveo di colline verdi e strade sterrate acciottolate.


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venerdì 28 agosto 2009

chariots of fire

100 metri da percorrere, solo dieci secondi per giustificare tutta la tua esistenza

mercoledì 26 agosto 2009

unghie nere

Correre a piedi nudi. Sentire sotto le rughe della terra. Che parlano. Che ti accarezzano. Ferirsi.
Ma continuare, senza fermarsi. Perchè la vita scorra sotto i piedi e pesti la carne molle, rossa per l’urto.
Correre a piedi nudi. Per sentire il sapore del sangue. Il suo tepore amico. La sua consistenza certa.

Fino a fermarsi. Quando la cosa che rimane sono solo unghie. Unghie nere. Lucide. 10.

lunedì 24 agosto 2009

il muro

"sai?" disse il frate col cappello giallo e il saio lordo..."quella casa laggiù. la vedi? si avvita sulla sommità della collina. ecco. è lì che ha avuto inizio tutto..."
non poteva crederci. non riusciva a comprendere come fosse stato possibile. che nel mezzo di quei sentieri aspri e rugosi, che tra i mille rami spezzati di piante stanche morte potesse celebrarsi la via per la vita.
un muro. il muro di quella casa. giallo anche quello. commovente. e una via tutta intorno.
"lo vedi? corre tutto attorno alla casa e se ci appoggi una mano sopra e ne segui il perimetro, vedrai che alla fine arriverai alla porta. lì ti faranno entrare, speraci..."
il muro girava su se stesso, ma la strada non fletteva, e la mano che scivolava veloce tra i solchi di cemento si adattava con fatica alle asperità del terreno. che la corsa accentuava. che la corsa esagerava.
alla fine del muro la porta, pensava.
ore, minuti e di nuovo ore. e il muro che non cessava di esistere. al tempo stesso, di occludere la casa e di condurre senza errore il viandante trafelato.

il muro è la vita. e il muro non ha fine. perchè la vita è correre intorno al muro. che non flette.

venerdì 21 agosto 2009

L'Uomo Cieco

Ripercorro quei momenti, corro, veloce, scivolando nella notte nera che soffia ancora aliti bollenti. Le luci spente dimorano nel silenzio della strada, il tonfo dei passi è fastidioso, monotono.
La corsa diventa necessaria, striscia sulla pelle e stacca di dosso le lordure, scaccia gli odori, crea uno strato, leggero, protettivo. Tutto corre via con la corsa. E diventi leggero.
Ma tutto finisce, presto.
All’ultimo passo la corsa frena e tutto riprende il proprio posto. Le lordure, gli odori, il peso.
La stanchezza e il fiato corto donano un triste ristoro. E la notte incombe ancora, sull’uomo cieco.

martedì 4 agosto 2009

le sembianze della vita

guardavo attorno. in un bosco. ero finito dentro al fitto dei rami e dei fusti. le scarpe grondavano terra bagnata e foglie appiccicate.
la terra pulsava sotto, batteva come un cuore eterno, sobbalzando nel buio. regolare. rumorosa. odori fortissimi producevano vertigini.
era lì che dovevo attendere. in quel luogo atterrito dal silenzio, rimbombante di angoscia e paura. sudato e stanco.
aspettare che qualcosa o qualcuno apparisse, d'incanto, e si mostrasse nella sua apparenza, nei dettagli, nei particolari.
attendere, questo dovevo fare, di scorgere le sembianze della vita.

get the balance right

C'è altro oltre alle corse
Ad una piccola casa in campagna
Capisci, impara a chiedere
Compromettiti, menti qualche volta

Fai quadrare il bilancio, fai quadrare il bilancio

Sii responsabile, rispettabile
Risoluto ma ingenuo
Toccato e preoccupato, da' il tuo aiuto a chi non ne ha
Ma alla fine resta sempre egoista

Fai quadrare il bilancio, fai quadrare il bilancio

Pensi di avere tutto sotto controllo
[Ma] Non hai proprio nessun controllo
Quando raggiungerai la vetta, tieniti pronto a cadere
Preparati per la caduta, stai per cadere
È quasi prevedibile

Non scegliere questa strada, non scegliere [nemmeno] quella strada
[Tieniti] Fino in fondo nel mezzo fino a giovedì prossimo
Spingi a sinistra, indietro a destra
Storciti e girati finché non sei nel posto giusto

Fai quadrare il bilancio

mercoledì 17 giugno 2009

la piega della pendenza

se cerco la salita una ragione c'è. la pendenza aiuta, stravolge e attenua il dolore, ché quello fisico incomincia ad urlare e fa zittire tutti, tutti gli altri dolori debbono sedersi ad ascoltarlo, ci mancherebbe. sei intento ad ascoltare il cuore, a regolare il respiro, a non arrenderti alla sforzo, a sputare sudore e saliva densa, ed ecco che il turbine interiore affievolisce la sua forza distruttrice, dimentica per un momento la sua funzione vitale, che è proprio quella di mantenerti in vita a forza, nonostante che non è che abbia tutta questa voglia di farlo, ecco. e tutto prende la piega della pendenza. e ci si appiattisce contro. e sopra. la piega della pendenza è meravigliosa, perchè ti dona il mondo che vorresti. te ne dipinge i tratti. tutto sembra facile.
la salita ha la sua ragione, la strada che sale senza posa procede a graffi, il sangue cola e il corpo è martoriato dall'assenza di aria. il sole martoria la pelle secca. il pensiero esce dai suoi solchi e tracima giù per il pendio, che pensi di averlo perduto per sempre. magari. rotola che è un piacere. saluti il mondo. ma il mondo non ti saluta.
e dietro la curva accade. accade lì. l'imboscata. il cuore frena, i muscoli palpitano più lentamente. inizia la discesa. e il carico di pensieri sofferti sorge dal basso e ti investe con tutta la sua forza dirompente. che pensi? ha preso slancio e prende a ridere, agitato, sarcastico, persino sadico, mentre penetra fin dentro le tue viscere.

ma niente da fare. la salita sta lì. ed io mi piego al suo cospetto, regina del mondo che vorrei. e domani...fin che ce n'è...

giovedì 11 giugno 2009

parabola Sufi

Coloro che raggiungono l'obiettivo

L'Imam El-Ghazzali riporta un episodio della vita di Isa ibn Maryam che è stato conservato dalla tradizione.
Un giorno Isa vide un gruppetto di persone dall'aspetto infelice sedute su un muretto sul ciglio della strada.
"Che cos'è che vi affligge?", chiese loro.
"È la paura dell'inferno che ci ha messo in questo stato", risposero.
Egli proseguì per la sua strada e ben presto incontrò un altro gruppo di persone dall'aria sconsolata, ognuna delle quali era ripiegata nella propria tristezza. "Che cos'è che vi affligge?", chiese loro. "È il desiderio del paradiso che ci ha resi così", risposero.
Egli proseguì il suo cammino finché passò davanti a un terzo gruppo di persone che sembravano aver sofferto molto, ma i cui volti splendevano di gioia.
Isa chiese loro: "Qual è il motivo del vostro stato?".
Risposero: "Lo spirito di Verità. Abbiamo visto la Realtà e questo ci ha resi dimentichi degli obiettivi inferiori".
Allora Isa disse: "Sono queste le persone che raggiungono l'obiettivo. Nel Giorno del Giudizio, saranno loro che si troveranno in presenza di Dio".

mercoledì 10 giugno 2009

perfect



On another world by another star at another place and time
In another state of consciousness in another state of mind
Everything was almost perfect, everything fell into place,
That you may reach a different verdict,
If all the judges missed the case

In a parallel universe that's happening right now
Things between us must be worse but it's hard to see just how

And everything could have been perfect
Everything in the right place
Then I wouldn't have to play the suspect
Accused, abandoned and disgraced

I didn't choose, i didn't pull the trigger
It wasn't me, i'm just a plain and simple singer
I heard the sound, i turned my head around
To watch our love shot down

In another lonely universe, we're laying side by side
Well no-ones hurt and no-ones cursed and no one needs to hide

And everything is almost perfect
Everything is almost right
There are never any conflicts
There are never any fights

lunedì 8 giugno 2009

quel giorno qualunque

Anche un giorno qualunque può non esserlo. Qualunque. Quel giorno era qualunque.
Qualunque cosa facesse, le cose e gli esseri intorno roteavano come impazziti, senza un centro di gravità, al di là e fuori da ogni equilibrio.
Quello che sembrava un giorno qualunque non lo era affatto. Le gambe pesanti e il fiato corto maledicevano ogni movimento che fratturava l'inerzia.
Almeno ci provava. Ma nulla poteva succedere, se il mondo correva all'impazzata (pur senza meta) e lui non aveva forza di rincorrerlo.
Quel giorno qualunque si sedette, tolse le scarpe, ogni pesante ed inutile indumento e iniziò a correre nudo, verso dove nessuno lo sa.
Perchè non è più tornato.

venerdì 22 maggio 2009

fermati

Che solo alla morte non vi fosse rimedio alcuno, credo che lui lo abbia saputo sin dall'inizio. All'inizio della sua malattia l'averne maturato la consapevolezza era come se una scure affilata ne avesse spaccato il capo in due pezzi. Un gran mal di testa. Fortissimo. Imperituro. Concreto.
Non vi sarebbe stata possibilità alcuna di uscirne, non solo vivi, alla fine, ma sapere anche che fino a quel momento, alla fine intendo, la sua vita sarebbe stata una vita grama, dolorosa, lancinante, calda e insopportabile. Insopportabile e calda. Appiccicosa.
Glielo avevano detto. Un consiglio. Corri. Chè se corri forse riesci a lasciarla dietro. Alle spalle. Che cosa, la morte? No, la sofferenza. Quella che ti parla e ti soffia in faccia l'alito putrido della morte. Prima che la morte venga.
La notizia lo aveva investito come qualcosa di duro e rigido. Di assolutamente materiale. Aveva vacillato e non era caduto solo per un miracolo. Un puro miracolo.
Corri. Gli avevano suggerito. Sfuggi a tutta velocità, che così il dolore non ti raggiunge. Perchè è più pesante di te. E arranca. Fatica a farti male se lo disorienti correndogli lontano. Non riesce a trovarti.
Sentieri, strade, vicoli, scale, cime e profondità erano state così lo scenario in cui immergere ogni momento della sua vita per benedirlo e santificarlo dal dolore. Amen. Correndo sopra e sotto. Ansimando.
Ma che destino il suo! Ad ogni accenno di riposo e di beata lucidità (il contrario) venire investito, ogni volta, senza alcuna possibilità di fuggirne, dall'abbraccio caldo e appiccicoso della sofferenza, della mancanza e dell'asfissia...
Scoprire l'ineluttabile. Correre all'impazzata e senza sosta per sfuggire al dolore, ma pagare per tutta la vita, ad ogni istante salvato con due istanti sacrificati, al doppio del tempo impiegato, fino alla morte, domani, il dolore che alla Vita stessa era stato fatto.
Corri. Ma perchè allora?
Fermati.

venerdì 24 aprile 2009

l'Editto

L'editto proclamava che tutti i giovani di belle speranze che vivevano dentro le mura fortificate dovessero sfidarsi a tenzone. Una tenzone di origine ancestrale. Una pugna di armi e sangue. Nella polverosa piazza del mercato. Quella centrale. Grappoli di graffi, e assalti, e ferite infette. E morti. Alcuni. Una volta all'anno.
Una sfida riservata. Vi partecipavano adolescenti imberbi, e le mamme piangevano. Eccome. Difficile rassegnarsi alla morte e alla mutilazione. Specie se riguarda il proprio sangue. Anche se la civiltà non esiste. E il diritto non è stato ancora scritto. Difficile rassegnarsi alla barbarie.
Le mamme piangevano i propri figli, soprattutto quando erano costrette a raccoglierli dalla polvere, con le bocche spalancate e negli occhi il sorriso della morte.
In mezzo a questo muschio di erbe fredde e lacrime amare, nel buio della notte, Barun decise che la piazza poteva e doveva inghiottire altre sfide, che la tradizione doveva essere perpetrata, certo, perchè se finiscono le tradizioni succede che muoiono le civiltà, persino quelle barbare. Ma che dovesse intervenire una svolta, un cambiamento epocale, una rivoluzione della battaglia.
Immerso nel caldo del proprio giaciglio, Barun vide. Vide la piazza. Vide la folla, ma questa volta festante. Vide i giovani, con la bocca spalancata e vide anche la polvere. Ma tutto era vivo, come i corpi muscolosi e pulsanti dei giovani, che si sfidavano correndo, a perdifiato, a chi lo faceva più velocemente. Nel buio abbozzò anche lui un sorriso. E capì che quello doveva essere il futuro della tenzone. Sangue pulsante, cuori spaccati, ma nello sforzo della corsa.

mercoledì 22 aprile 2009

ora basta

alla fine dell'800 tanto valeva star seduti, calmi, ché la fretta non era di quel mondo. al massimo a operare soffocati in un opificio, allora sì dovevi correre. ma altrimenti no. le ore duravano il doppio, e così la noia e tutto il resto. tutto si depositava in terra e lì rimaneva. chissà quanto tempo. e quanto altro ancora. se avevi denari bastava stare fermi. il mondo girava, senza bisogno che tu ne seguissi la circolarità nauseante.
alla fine dell'800, S. si chiedeva se quello era il modo di stare in vita. se quella era vita. a stare seduti nell'attesa che tutto succedesse. che il cibo fosse mangiato, che la mattina scorresse a guardare rincorrersi le nuvole nel cielo, le lancette dell'orologio a parete a disegnare circoli con la loro magnifica lentezza. tutto succedeva. se si era passivi. altrimenti il mondo ti guardava come si guarda un malato. e così finché dio decideva che basta di battere il tuo cuore.
fu così, che quel giorno, quando l'ultima alba depose i suoi nastri d'argento sulle creste delle colline sonnacchiose, S. decise che ora basta.
vestito solo di pelle, pelle viva, con ai piedi metri e metri di garza ingiallita, uscì dalla porta della casa, che ancora poltriva nella sua immobile pigrizia, ed iniziò a correre. senza senso e senza direzione. correre. e basta. sparendo tra i folti rami del bosco di faggi.

martedì 21 aprile 2009

La costa toscana a tappe sulle vie degli etruschi



L'Atletica Avis Perugia organizza una trasferta per la gara a tappe "La costa toscana a tappe sulle vie degli etruschi" che si svolgerà a Piombino il 12-13-14 giugno 2009 (venerdi-sabato-domenica) http://www.uisppiombino.it/padismo/home.htm.
Il costo per iscrizione e pacco gara è di € 55,00, per il pernottamento colazione e cena € 50,00 al giorno.
Per info:
Cristiano Sportoletti
cristiano.sportoletti@gmail.com
3497335713

domenica 19 aprile 2009

capitava

Sempre, quando ricominciava a correre, l'Uomo si domandava, e a voce alta, ma parlando solo a se stesso, se mai ce l'avrebbe fatta. Di nuovo.
E questo succedeva ogni qual volta nella sua vita capitava un evento originale, inatteso, sorprendente, azzerante, maligno o benigno che fosse.
Allora capitava che non riuscisse a muovere un passo. Neanche uno. Se ne stava lì a guardarsi dentro, ad osservare come gli eventi avrebbero potuto morderlo da dentro, fagocitare i suoi organi vitali, quelli più necessari alla corsa, e brandelli di cuore, pezzi di polmoni, scorie di fegato, palloncini di ossigeno, cesti di pensieri veloci volavano via dal suo corpo. Salutandolo. L'Uomo si chiedeva il perché di quei nuovi inizi, mentre osservava tutto il suo sangue fluire fuori e gettarsi sull'asfalto come un fiume rosso, stanco e solido, che si riprende la sua libertà.

Ecco come. Capitava che l'Uomo se ne stesse fermo, impallottolato dalla sua stessa vita, ritorta come un uncino, in perenne posizione fetale e le sue interiora se ne fregassero. Di tutta questa immobilità. E ingurgitassero tutto quanto necessario a fuggirsene via. Lontano da quel concentrato di immobilismo.
Mica ne avevano bisogno, loro, delle scarpe da corsa. Se ne andavano via scalzi. Velocissimi.

lunedì 6 aprile 2009

Michela Minciarelli è una maratoneta


Michela Minciarelli, atleta di punta dell'Avis Perugia, ha trionfato alla Maratona di Russi, la seconda maratona più antica d'Italia. Michela, col suo leggere e silenzioso incedere, ha sbaragliato la concorrenza, chiudendo in progressione con lo straordinario tempo di 2:55'29''. Un risultato eccezionale, se pensiamo che la sua partecipazione alla maratona di Russi è stata decisa proprio all'ultim'ora, uscita come per incanto dal cilindro del Mago Enrico Pompei.
I nostri sentiti complimenti, come quelli della nostra società, l'Atletica Avis Perugia, vanno al furore atletico e alla capacità aerobica di Michela, che negli ultimi tempi non ha fatto che sorprenderci con le sue spettacolari prestazioni.

Adesso goditi il momento, però.


p.s. grazie per le foto a Peppe Tomassoni

venerdì 3 aprile 2009

con moderazione, mi raccomando...

"corri, certo, séguita, non ti fermare, ma fallo sempre con moderazione"..."altrimenti, poi..."
Ma che fastidio pernicioso le prediche non strutturate!, quelle che non hanno neanche il minimo di legge di humus scientifico, quelle che escono dalla bocca senza autorizzazione, che facevi meglio a stare zitto...quelle pernacchie cattedratiche.
Ora, neanche fosse un tracciato costruito per un campionato di slamom, quei signori, quelli lì, ti piazzano davanti così tanti consigli, a forma di paletti col filo spinato, che prima o poi con uno di essi ti ci infroci. E poi fa male, sai. Oh, mica puoi evitarli tutti. Anche il più bravo...eh, alla fine...
"Corri, ma fallo con moderazione, che poi vai a farti male".
E poi succede che la sventura si abbatte su di te come una balla di fieno che cade dallo scaffale e te la prendi con la sfiga, mentre bastava ascoltare quel consiglio "amico" e non sarebbe successo nulla. Affatto.
E invece non gli hai voluto dare ascolto ed ecco che la sventura bussa alla tua porta. Non l'hai voluto vedere perchè pensavi fosse l'ennesimo paletto spinato. E invece era qualcosa d'altro.
Ma ormai... Sai quante volte mi è successo? No, non lo sai.

domenica 29 marzo 2009

Sarebbe stato meglio se piovesse che se ce fosse 'sto vento!


Sarebbe stato meglio se piovesse che se ce fosse 'sto vento!
È il triste e laconico commento, fors'anche inopportuno, sicuramente penzolante pericolosamente sul precipizio dei congiuntivi, sgorgato, come fosse un sussurro analcolico, dalla bocca del podista toscano che mi ha affiancato (e superato) al 17° km, stamattina, in una gara nella quale forse, anzi, sicuramente, l'unico ad avermi lasciato lì è stato proprio lui. Depositando, tra me e la distanza che poi è aumentata fino alla fine e che ci ha diviso per l'eternità, quel fardello di parole legate assieme malamente che guarda caso poi, com'è strano!, si sono mescolate, come per incanto, con la musica bronzea scaturita dal campanile del paese chiamato Solomeo, che con una gioia noiosa, quasi fastidiosa, intonavano le note dell'Ave.
Ho continuato a correre. Ma la mia solitudine, che fino a quel momento aveva eretto un baluardo insormontabile e impenetrabile alle fredde intrusioni di voci e odori e colori esterni, ha iniziato a vacillare paurosamente e la mia concentrazione, che credevo salda e che si era presa fino a quel tragico momento l'ingrato compito di scorrazzarmi per la Valle liberandomi dalla sempiterna e assoluta, solita, presenza di inquietudine mattutina, si è scollata, senza pace, e mi ha donato, da quel momento, solo interrogativi preoccupanti.
Poteva la pioggia sibilare senza vento? Poteva alleviare, bagnandolo di fresco, l'imperituro sforzo se avesse preso il posto del caldo e forte scirocco?
Le nuvole, quelle, con il loro carico di pioggia, strambe, grige attendevano, indugiavano, perché il vento aveva detto: “aspettate, ora ci sono io, voi dopo”.
È cosi che ho capito, perché le ho vedute – bastava spalancarli quegl'occhi! -, come le folate d'aria calda, che si erano sedute, spaparanzate, coi loro panzoni rubicondi, sugli spiazzi di erba verde dei campi vicini, avevano deciso di silurarci, spirando raffiche discontinue con forza obliqua e sbatacchiandoci qua e là, e ridendo di me, ridevano di noi, piegandosi in due per lo sforzo singhiozzante.
Guarda tu, ma pensa!, gli scherzi colorati della natura matrigna, beatamente decisa a cambiare le note sul pentagramma. Scompaginando i congiuntivi e funestando il silenzio al rintocco di monotone e unicorde campane. Col vento che cercava di nascondere tutta questa meraviglia.

Ora piove. Finalmente. Me ne sono accorto. Ma la corsa si era già arrestata.

giovedì 26 marzo 2009

Un puntino rosso

La distesa è bianca. Solo un puntino rosso, laggiù, scorgo. Due grammi di muscoli, tesi e nervosi. Piccoli, da lontano. Ma anche da vicino. Stirati.
Si muove in fretta. Va dritta. A lei le curve non piacciono. E così arriva prima. Prima di tutti. Piegata in avanti, ma decisa a lasciarsi dietro tanta di quella strada.
E' leggera. Le orme sulla neve sono come piccoli nei grigi. Piccoli. Superficiali.
La distesa è bianca. E lei veste di bianco. Anche il cappello è bianco. Le scarpe. Pure.
La distesa è bianca. E fredda.

Ma il puntino è rosso. E si muove veloce. Caldo, schiumoso. Scorgo solo il puntino. Tutto il resto è bianco e tutto si confonde quando è bianco. Ma quel puntino rosso... quello sì, lo vedo, perchè ha le sembianze della sua anima. Rossa. Palpitante. Che corre, ma non scappa.

mercoledì 25 marzo 2009

La strada che non aveva fine

La strada era nascosta. E al buio diventava del tutto introvabile. Addirittura.
Ma venne la sera in cui improvvisamente comparì alla mia vista.
Un vicolo, stretto, circoscritto da muri alti e consumati, storti, di mattoni di pietra grigia ruvida, soffocati da erba rampicante antica e coriacea.
Chissà perchè non esitai un istante. Chissà perchè mi intrufolai in quell'antro impenetrabile e temibile. No, ma lo feci.
Il viandante aveva urlato qualcosa. Ma la sua voce come nacque morì, inghiottita dalla durezza dei muri. Un avvertimento? Può darsi.
La salita dura ed affannata si srotolava sul mio fiato sempre più corto e disperato. Tutti sostenevano che quella era la strada che non aveva fine, nella quale potevi correre in eterno, senza bisogno di niente, né di aria, né d'acqua, né di compagnia.
La strada della solitudine. La strada che non aveva fine.
Ma se ve lo racconto, la strada ebbe termine. Davanti, un muro.

domenica 22 marzo 2009

Perchè é ostinata. La corsa


Spesso mi ritrovavo ad uscire proprio quando aveva iniziato a piovere. L'acqua scendeva piano e fitta, le scarpe erano fradice già ai primi passi. Scarpe di pezza. Scarpe giocattolo.
Sotto l'ombrello, al riparo dalla pioggia percorrevo i pochi metri che mi separavano dalla strada. Le macchine sfrecciavano impazzite, su e giù. Facevano apposta. Di cercare l'impatto con le pozze d'acqua gorgogliante per spruzzare i passanti. Per infradiciarli.
Io non ero un passante. Stavo fermo. Ma nonostante questo non perdevo neanche una goccia d'acqua sparata dalle auto in corsa.
Dieci minuti, forse più, forse di meno. L'attesa era fresca. Non mi infastidiva.
Finalmente. Eccolo. Dieci anni. Il tempo.
Spesso, quando pioveva, pensavo che no, non sarebbe passato. Almeno quella volta. Perchè, poi? E allora riprovavo. Tornavo all'appuntamento. Solito marciapiede. Solita pioggia. A volte più fredda, a volta tiepida. La solita oscurità. Invernale.
Ed eccolo, E., il solito passo gobbo. Le solite scarpe zuppe. Quei baffi, alla tartara, che la bocca neanche si scorgeva. Figuriamoci. Il giacchetto rosso con le strisce rifrangenti bianche. Ciaf, ciaf! Dopo poco era lontano.
Ma, dicevo io, è possibile correre sotto la pioggia e trovare un pensiero positivo per questa faccenda? I baffi alla tartara zuppi d'acqua, qualche volta bianchi di brina.
Per questo odiavo la corsa. Perchè era ostinata. Ed io odiavo gli ostinati. Ma chi glielo fa fare?
Dieci anni. tanta pioggia e tanto freddo, il ghiaccio, la neve, il sole rovente, il vento gelido e il mio mal di testa perenne.
Amo la corsa, perchè è ostinata la corsa. E. è diventato mio amico. E ora lo voglio dire.

lunedì 16 marzo 2009

Nel Volto

Sì, più in là. Più in là c'è la strada. Quella scomoda, ma in discesa. Quella dura, ma liscia. Quella piena di odori, ma senza ossigeno. Quella traboccante di suoni, ma che scorre nel silenzio.
Quando esci dalla curva e non argini il veloce entusiasmo del passo percosso dal cuore impazzito e in piena velocità ti trovi ad aggredire lo snodo della strada…ecco, lì, ti imbatti nel secondo che ha il potere di cambiare la vita. Ti sconvolge quel secondo. E trasforma il volto.
Quando riprenderai il cammino non sarai più lo stesso e nessuno ti riconoscerà.

martedì 10 marzo 2009

europei indoor a Torino

Mentre i poveri tapascioni passeggiavano intorno al lago Trasimeno, l'Italia dell'atletica leggera portava a casa il terzo posto nel medagliere agli europei indoor di Torino: 6 medaglie conquistate (2 ori, 2 argenti e 2 bronzi): oro di Donato nel triplo, argento di Licciardello nei 400, bronzo della Cusma negli 800 e l'argento di Cerutti e il bronzo di Di Gregorio nei 60, per concludere con il trionfo della 4x400 maschile che ha conquistato l'oro.

Bravi!

in volo


Quella notte era più lunga delle altre notti. Semplicemente, non aveva fine. La luna che girava la volta celeste aggrediva senza tregua i suoi occhi dilatati dal buio.
Domani. Domani la gara, domani una gara. Tanti chilometri da correre. Troppi. Ma perché?
Perché decidere di farsi trasportare leggermente dal solleticante gusto dolce-amaro che ha la sofferenza quando ancora non è stata saggiata?
Quesiti irrisolti, veglia, lenzuola sbuffanti e il sonno che è solo un ricordo. Di tante notti fa.
La corsa. Questo modo orizzontale di approcciare la vita. La corsa. Piena di metafore. La corsa. Uno stile. Chilometri. Che nessuna sa.
Ma che finiscono. Come l’oscurità che riesce a trovare lo spazio per il giorno. E il sole che continua ad accecarti. Alla fine di una notte senza sonno.
La corsa. Serve la corsa. Si avvinghia a te come una pianta rampicante. Che ti raddrizza. Provvede, la corsa, al tuo bisogno di accostarti alla vita. In maniera diversa, obliqua, distaccata. Risolutiva. Forse.

Riuscì ad uscire, a gettarsi sulla strada. A correre. Solo alla fine. Quando di metri non ce n’era più traccia, si rese conto di aver dimenticato le scarpe.
Ma i piedi erano integri. Perfettamente.
Solo allora concepì di aver volato.

mercoledì 4 marzo 2009

tutta curve, la strada



come una serpentina, il corridore segue il corso della strada che gira e rigira, si inceppa, riparte, sale, frena e si sfrena, s'infanga e si sbriciola.
s'affanna il corridore e non sa perché...
lo immagina, prova a costruire il tracciato, ma la strada è curva, curva e ricurva e allora non sa cosa trova dopo la curva. ma dopo la curva c'è solo un'altra curva e la corsa si spiaccica contro l'inevitabile.
suda, beve aria, insuffla, si scapiglia, sgocciola, si bea dell'infinito sconosciuto, quello che esiste dopo la curva, il corridore.
ma dopo la curva c'è un'altra curva. e un'altra ancora.

mercoledì 25 febbraio 2009

Mauro Cambiotti



Anche ad interpretare i più dotti specialisti della materia, è difficile inquadrare lo spessore prestazionale di Mauro Cambiotti. Uno che ogni volta che mette il pettorale impressiona per come riesce a portare a termine imprese cronometriche e chilometriche di rilievo, col sorriso stampato in bocca, per giunta.
Salsomaggiore 2009 ne è una ulteriore conferma. Alla faccia dell'anagrafe, Mauro è riuscito di nuovo a correre una Maratona sotto il muro delle 3 h (2h 57'59").

lunedì 23 febbraio 2009

Correre tutto d'un fiato. Per sempre

Di gran lunga. Di gran lunga avrei preferito che piovesse. Che la pioggia creasse rivoli gonfi come fiumi asiatici, che la loro prorompenza riuscisse a spazzare via in un respiro la polvere e pulire le sozzure.
Di gran lunga immaginavo solchi di terra molle a frenare la mia corsa, che il fango penetrasse fin nei pori, che le gambe affondassero e annaspassero alla ricerca di spazio vitale.
Immaginavo un limite invalicabile, e una statua eretta al culmine del pendio che sputasse un sorriso, femminile e beffardo, sull'inutilità del mio sforzo sovrumano.
Di gran lunga avrei preferito che la discesa elevasse solchi di terra brulla che si sbriciolassero al mio passaggio e facessero franare la mia corsa.
Di gran lunga.
Ho sperato lungo 4 lunghe volte. Ma nulla.

Sarebbe stato tutto più semplice. Facile inchinarsi alla sofferenza cercata a chilometri e chilometri di distanza. Salutarla e bearsi dei suoi baci. Correre, e correre a perdifiato.
È stato invece molto più facile accorgersi che mai potrai valicare il confine dei tuoi limiti.
E l’affanno di inseguire, correndo, per trovarci un sicuro riparo, i contorni del dolore che fugge lontano, si è trasformato, al termine della corsa, nella scalata senza posa di una banale salita, di 400 metri.

giovedì 19 febbraio 2009

la corsa è inferiore



Io sono pronto. Ma non so per quanto ancora lo sarò. I muscoli sono caldi, il torpore che avvolge il corpo è fluido, distribuisce il giusto calore su muscoli, fibre, tendini.
Le gambe scalpitano, per l’inizio della gara.
Una mosca vola vicino e rompe il silenzio dell’attesa col suo ronzio atono, porta l’odore della morte e mi stanco del suo battito d’ali vitale. Perché vuole vivere, nonostante tutto?

Le mani gelide non hanno più forza ma non importa, la corsa è inferiore. Quadricipiti, ginocchia, polpacci, caviglie e piedi, dita.
La corsa è inferiore.
Sopra, sì sopra batte il cuore, brilla la testa, pulsano gli occhi. Ma la corsa è inferiore.
E non vedo l’ora che la catena si frantumi e possa finire finalmente per fracassarmi contro le rocce che erompono alla fine del dirupo. Perché la corsa è inferiore e io mi salverò.

martedì 17 febbraio 2009

silenzio, fino al prossimo rumore...

Il leone sonnecchiava placido, lo sguardo furbo e spento, la testa appoggiata alla zampa, sulla quale filavano, vividi e micidiali, i solchi appena rappresi del sangue, ancora fresco, dell'ultima preda artigliata. Il sole lo abbacinava. Ma non riusciva, e soprattutto non voleva, sollecitare in alcun modo la sua posa forzata.
Era quasi un riso smorzato quello che gli pitturava la bocca. E lo stomaco guidava il suo silenzio famelico, lievitato dalla carne fresca appena inghiottita.
La savana godeva così del suo momento di tregua, e lo spirito di sopravvivenza era per un momento ignorato dal branco di gazzelle che indugiavano calme, d'altra parte, era indubbio, il leone aveva cessato la sua corsa. E il pericolo era lontano. I suoi muscoli non erano più tesi e il fiato corto aveva lasciato uno spazio adeguato per il sorgere di un respiro calmo e ben ritmato.

Ma prima che il sole avrà potuto terminare di tracciare il suo perfetto arco, il silenzio sarà di nuovo rotto dalla corsa felpata del leone, che deciderà di fermare la sua rincorsa spasmodica e rumorosa sulla prima gazzella che incrocerà la sua strada.

mercoledì 11 febbraio 2009

La solitudine che accompagna, come un’amica, il runner delle lunghe distanze

(una libera interpretazione della lirica the loneliness of the long distance runner, scritta ed interpretata da Bruce Dickinson del gruppo hard rock Iron Maiden)




La strada è aspra e dura
Con il vento che sibila
E la pioggia che batte forte sulla schiena.
Il tuo cuore batte e pompa impazzito
e poi sempre più forte
e sale ancora più su, fino a che il suono delle scarpe che risuona vigoroso nella tua testa,
ad ogni passo che compi sulla strada,
e ad ogni soffio di vento che vorresti afferrare,
si trasforma nell’energia che ti fa correre.
Corri, senza fermarti mai
e se vuoi vincere, corri fino a stramazzare al suolo, logorato
afferrando il ritmo, gettati nella gara
nella gara che corri contro te stesso, solo contro te stesso.

Nella tua mente è sempre più chiaro che solo quando sarai a metà del percorso, le miglia inizieranno a correre a ritroso
e alla fine penserai che è stato solo un sogno
come se fossi all’interno di un’allucinazione fragile.
E tutto ti sarà sembrato così inutile.
Sembrerà così inutile.

Corri e corri ancora.
Corri e corri ancora.
E sperimenterai la solitudine che anima il corridore delle lunghe distanze.

E voltati, guardati dietro, non aspettare che la via si dipani solo davanti a te
e quando il traguardo è sempre più vicino

Corri e corri ancora.
Corri e corri ancora.
Superalo e continua.

lunedì 9 febbraio 2009

di corsa contro l'alzheimer


Si può Correre anche per sostenere la ricerca per la lotta all'alzheimer. Accettiamo quindi l'invito di Francesco Fiorucci che, insieme all'Atletica Avis Perugia, ci propone di farlo con un allenamento libero... il 15 febbraio, alle 9,30.

venerdì 6 febbraio 2009

l'Involucro vuoto


Più che una strada quella era un tratturo, e malmesso, pieno com'era di buche, sassi, pietre aguzze e secolari, erbaccia e polvere. Su pozze d'acqua stagnante saltellavano piccolo ranocchi. Il silenzio intorno rintoccava sulle tempie, che pulsavano all'unisono col suono ovattato dei passi cadenzati. Il caldo era opprimente.
Persino le cicale si rifiutavano di cantare.
Ma l'aria che si appiccicava alla pelle dava alla corsa dell'Uomo un'iniezione di energia misteriosa e fredda.
Nell'alito inesistente dell'aria bollente si incuneavano pensieri morti, vuoto, perdita e solitudine. Soprattutto solitudine. Il corridore procedeva a testa alta, lo sguardo a tagliare l'orizzonte, come un involucro vuoto tracimante di energia infinita.

mercoledì 4 febbraio 2009

sul sentiero


Ogni mattina che il mondo partoriva con doglie dolorose, decideva solo allora di schiudere gli occhi e in un attimo, leggero, scivolava giù dal letto, scomodo e rosso, balzellando faceva capolino nel lavandino e a getti improvvisi e inconsulti si frustava con scudisciate d'acqua gelida. Orzo e gallette prendevano, veloci e di traverso, la via dell'esofago. La porta si chiudeva con un tonfo dietro di sé e si trovava, a malapena, retto dal suo bastone di rovere nodoso, indosso i calzoncini, la canottiera griffata lisa e scolorita, di un rosso ricordo, le scarpe annodate con fortuna.
La strada che portava al sentiero era dura e battuta, le foglie gialle e marce ne delineavano i contorni. Il silenzio gravava pesante sulla montagna, come una coperta verde odorosa di muffa.
Alla fine del cammino scorgeva la sua panchina, quella costruita con pietra, freddo e secoli. Lì si sedeva. E il giorno contava le sue ore, finchè il sole compiva il suo uggioso giro e ancora una volta l'appuntamento era scappato. Ancora una volta il giovane corridore, senza bastone nodoso e con la divisa rossa chiassosa, si era dimenticato di salire il sentiero.

lunedì 2 febbraio 2009

il dio perfetto

Non riusciva ad abituarcisi, l'Uomo veniva travolto come sempre dal fascino malato e controverso della pista che girava intorno alla massa. quella deserta no, la pista dei campi di allenamento no. quella sapeva di erba falciata e acqua bollente. quella gli parlava in tono confidenziale e sottovoce. quella odorava di plastica e sudore. di foglie marce e letame. tutte cose che erano sempre ermeticamente chiuse dalla zip della sua borsa da allenamento, ed erano imprescindibili, più delle scarpe e dei pantaloncini.

ma quella no; la pista spaventata dalle urla feroci del pubblico osannante e ubriaco gli faceva venire le vertigini. a voci e cori che scendevano verso il basso pesanti come macigni rispondeva con forti conati di vomito. non gli bastava essere un eroe del mezzofondo.

allenamenti acidi, ripetute brulle, variazioni e medi soffocanti. erano la sua casa, il suo mondo, le sue scarpe e l'odore dei suoi calzini martoriati dai chilometri. perchè allora immolare sull'altare dell'impresa la sportività e l'aggressività della sua macchina da corsa? velocità ed agilità, rapporto perfetto tra peso-potenza.

assumere le sembianze di un dio. ma di un dio perfetto, non uno qualsiasi. un dio che non ha bisogno di preghiere o candele votive. questo era per lui la corsa.

la trasversalità.

venerdì 30 gennaio 2009

Campionato italiano endas Mezzamaratona

SOTTOTITOLO: meglio tardi che mai

Forse tutti lo sapevano, ma a me era sfuggito (chissàcomemai...), oh e poi de solito acchiappo tutto al volo...
Comunque, ci sono volte nelle quali vale la pena di compiere qualche passo a ritroso, piano piano, per scoprire che ci siamo dimenticati di qualcosa (o qualcuno) per strada. Certo, quando corri è sempre problematico, te casca qualcosa, fermasse, non è una bella cosa.
In questo caso però, trattandosi di un amico, vale la pena, senza dubbio, di tornare indietro e recuperare quello che ti è cascato e rotola via. Fermateloooooo!!!
Tutto 'sto preambolo per raccontarvi (se lo sapete già fate finta di niente) che l'Invernalissima Versione 2008 ha mandato agli archivi un'altra autentica e feroce affermazione del Vecchietto avisino per antonomasia, quello che de vecchio però c'ha ben poco, a parte l'anagrafica. Mauro Cambiotti. Lasciando perdere il crono, infatti (sempre di livello, 1h24'!, comunque), il Maurino, al traguardo della Mezza dell'Inverno, ha conquistato la maglia di Campione Italiano di Mezzamaratona del Circuito Endas.
Bravò (francesismo)! E muscoloso!

Me dicono che anche Italo Tognoloni e Maria Luisa Picchio hanno indossato la camicia di Campioni Italiani sulla MezzaMaratona in oggetto. E allora, che dire? Bravissimi, anche a loro.

l'Insistenza


L'insistenza che si avvinghia alle gambe, pizzicandone il vigore e mordendone la vitalità, e colorandone il grigiore, è un alimento che si sbriciola per la strada, invadendone la linea retta immaginaria che corre veloce col suo bianco livore.
L'Insistenza abbatte muri e siepi, stritola sassi e schiaccia ciuffi d'erba verdi d'impotenza, raddrizza le curve, spezza i rettilinei e sguscia via il sudore dal corpo. Per un momento. Solo per un momento.
L'Insistenza si abbatte sul corpo falcidiato del corridore stanco, costretto a trovare riparo nel riposo forzato. Alla fine.

lunedì 26 gennaio 2009

in memoria di Steve Prefontaine



se oggi corriamo, lo dobbiamo anche a Steve Prefontaine, l'atleta che forse, più di tutti, ha contribuito a diffondere l'amore per la corsa, l'esaltazione del dolore fisico, la propensione all'abbandono totale per l'energia meccanica non risparmiata...

venerdì 23 gennaio 2009

precipitare...dolcemente


Una scarpa gratta l'asfalto, lo addenta, ruota, si flette e delimita lo spazio alla ricerca della stabilità. Il piede ne asseconda i movimenti, rolla con lei, suda dentro, vive dell'armonia fisica condotta dai traumi continui.
L'altra, scivola, al delimitare della strada, urla di instabilità, arranca e si consuma, il piede vorrebbe liberarsene, ma la scarpa lo incatena.
Il baratro sussurra il suo carico di vuoto infinito.

In mezzo, il corridore non fatica a farsi prendere dalla dolcezza del precipizio.

martedì 20 gennaio 2009

Nuvole

L'Uomo aveva il viso disteso mentre attraverso le sue labbra serrate sibilarono parole dritte: "Perchè ti affanni tanto a portare sulla schiena il fardello del tuo dolore? A cosa serve? Cioè, serve a qualcosa? Siediti e ascolta il lamento dei muscoli. Non lasciare che il dolore ficcante e fiaccante, spinoso e mordente, interrompa senza rimedio l'imprescindibile coito con la vita reale. Fatti penetrare dalle fitte. Aspetta il loro ritorno ritmico. Non provare a zittirle".


L'uomo si girò ad ascoltare la voce dura e gelata che aveva interrotto la sua corsa. Non scorse volti o bocche dietro di lui. Solo nuvole nere cariche di pioggia fredda. Si sedette ad aspettare che il temporale gettasse su di lui tutta la sua furia bagnata.

venerdì 16 gennaio 2009

a spirale


visto da lontano, il mondo che corre ti sfugge di mano. neanche si avvicina, procede fluido e dritto e crea una distanza perfettamente uguale a se stessa. incolmabile.
il mondo che corre lo fa non guardandoti. anzi, evita di incrociare il tuo sguardo. va veloce.
ma poi, gira e rigira, correndo in tondo, la spirale su cui costruisce la sua corsa, lo porta ad altezza di occhio. potrebbe guardarti dritto.
ma continua a fregarsene il mondo che corre. che pensi, che ti aspetti?

mercoledì 7 gennaio 2009

Un atleta ... di peso!



Ieri, a Bevagna, nel corso della "Mezza della Befana" ho avuto la conferma di essere uno degli "Atleti di peso" del podismo umbro. Infatti, verso la metò della gara, al termine di una dura salita si sono affiancati due ragazzi della Winner che mi hanno chiesto: "ma quanto pesi tu? Ed io: "Circa 90". "QUANTO???", hanno replicato? ... ed io: "vabbè, forse ho esagerato ... diciamo 89" ... "Ahhhhh ... però vai forte in salita ..."
Stessa cosa mi è stata chiesta all'arrivo, sottolineando, però, che comunque riuscivo a correre abbastanza forte.
Che dire ... è vero, e la foto scattata al cross di Gubbio due domeniche fa conferma la mia attuale "pienezza" (sono certo che il Leo userà nuovamete il termine "GORDO", per descrivere l'ingrata immagine). Però la gamba sta girando bene ed i tempi stanno pian piano migliorando. Per fortuna i "bagordi" natalizi sono finiti, i cui danni sono stati notevolmente limitati grazie alle lunghe escursioni extra-percorso verde, da solo e con con gli amici podisti del cuore (vedi scalata del Tezio, Valbiancara, Panoramica, etc.). Adesso è guerra aperta con la ciccia e poi ... grande maratona di primavera (... l'obiettivo è veramente ambizioso, ma le cose semplici non mi sono mai piaciute ... ). Ricordo a tutti il raduno di domenica prossima al Subasio. Partecipate numerosi. Se saremo fortunati come lo scorso anno, correremo in mezzo alla neve!!!
Un saluto a tutti.
Popof

martedì 6 gennaio 2009

la Bruma del Tezio


Il ghiaccio era pressochè svanito, lasciando spazio non finito a grosse pozze di acqua fangosa che aggiungevano note rumorose al passaggio. Le scarpe arrancavano, mancando la presa su pietre dure dal freddo. La strada che saliva senza posa girava su se stessa, aprendo ferite allo sguardo, costretto a subire lo spettacolo del mondo cangiante che le girava intorno.
Quella piccola cascata, con l'acqua che fluiva liberamente, non c'era niente che ne impedisse il passaggio. Tra i rami degli alberi cercavo di scorgerne la fine. Quell'acqua però, metro dopo metro, continuava il suo corso così, semplicemente, perché non poteva fare altrimenti.
Era talmente chiara e limpida che mi sarebbe piaciuto berne un po' o, meglio, mi sarebbe piaciuto immergermici anche un attimo, mi sarebbe piaciuto veramente.
Ma la bruma del Tezio mi diceva di attendere ancora un po', di lasciare che la galaverna scivolasse ancora sulla pelle coperta di sudore, sui guanti caldi, sul naso ghiacciato e sugli occhi semichiusi e lacrimanti.
La bruma. E' una buona compagna di corsa.

venerdì 2 gennaio 2009

viaggio in valbiancara, restando seduti su se stessi



L'Uomo non ce la faceva ad accettare la vita così come gli era stata offerta, piena di complicazioni e ritardi.
Seduto su quel sasso da così tanto tempo che il culo aveva assunto le sembianze di una palla di pasta da spianare, molle e giallo ed adagiato, vide passare quegli strani ometti vestiti come ballerini dell'Opera, e trasalì, anche poco per la verità, dal suo magico torpore.
Il ghiaccio tardava ancora a tornarsene tra le viscere della terra spaccata e il cielo blu stringeva come una tenaglia buona il paesaggio che intorno palpitava di freddo. Persino le piante avevano i brividi e gli uccelli volavano basso, schivando a fatica le note aguzze dei latrati dei cani che arrotavano la dentatura tra le maglie oblique delle reti verdi. Le loro case bruciavano del calore dei camini incandescenti.
Gli ometti continuavano la loro faticosa corsa e l'Uomo li lasciò andare, massì chissenefrega, che vadano ovunque, ma che ne sanno loro della vita che macina a fatica le sue ore di legno, lasciandoti nella bocca manciate e manciate di aspra e ruvida segatura nocciola.
I ballerini dell'Opera scollinarono nella zona detta della Valbiacara e, mentre sotto si stendeva un manto di freddo nebbioso e stanco, si fermarono e tutto insieme prese un verso strano, quello che risuona nella testa dell'Uomo confuso e seduto. Li ha raggiunti. E si è posato su di loro. Le Mappe. Le Mappe le ha lasciate.